Questo non è un appello, ma una proposta di lotta.
Vediamo e viviamo la miseria, l’offesa alla libertà e alla
dignità della persona, la devastazione della natura esercitate ogni giorno da
parte di un capitalismo criminale.
Un giorno una corte di giustizia dovrà essere istruita
contro i responsabili di questi crimini contro l’umanità.
Ma ora dobbiamo prima di tutto smettere di piangere,
rimboccarci le maniche e lottare.
Siamo donne e uomini con diversi percorsi politici, di
lotta sociale e ambientalista, per le libertà civili la democrazia e
l’uguaglianza.
Abbiamo in comune la volontà, la passione e la rabbia di
non rassegnarci e di non arrenderci.
Certo il socialismo reale è crollato nel passato per sue
colpe, ma il capitalismo reale oggi distrugge il presente e il futuro.
Per questo torna all'ordine del giorno la necessità di
costruire un’alternativa all'attuale sistema economico, sociale e politico.
Per questo oggi più che mai sentiamo vive le nostre radici
comuniste e libertarie, antifasciste e antirazziste, femministe e
ambientaliste.
Non c’è liberazione possibile nel compromesso con l’attuale
governo autoritario dell’economia e della società.
Lo hanno capito le donne e gli uomini del Mediterraneo, che
ci insegnano a ribellarci.
Lo hanno capito donne e uomini dell’America Latina che si
mobilitano per il socialismo del XXI secolo.
Lo hanno capito tutte e tutti coloro che fin sotto i templi
del denaro e del potere nei paesi più ricchi hanno gridato: noi siamo il 99%!
Lo hanno capito quelle donne e quegli uomini d’Europa, che
dalla Grecia alla Islanda, dalla Spagna a Cipro, scendono in piazza per
rovesciare quelle politiche di austerità che stanno uccidendo ogni residuo di
stato sociale e democrazia.
Noi ci sentiamo, vogliamo, essere parte di tutto questo.
L’Europa è oggi occupata dal regime della Troika e dei
governi che la sostengono. Il popolo non è più sovrano, è solo debitore. Tutti
i governi fanno guerra sociale ai loro popoli. La democrazia è ridotta a
spettacolo televisivo.
Noi crediamo che, come nel 1848 e nel 1945, tutta l’Europa
debba liberarsi dalla tirannia: allora dei sovrani assoluti prima e del
fascismo poi, oggi del capitalismo finanziario e della sua oligarchia economica,
politica e culturale.
Noi crediamo che sia all’ordine del giorno la necessità di
un cambiamento rivoluzionario.
Noi non facciamo nessun generico appello all’unità.
Noi ci uniamo per la rottura con questa Europa e con questo
capitalismo, per costruire una nuova storia comune.
È necessario che anche in Italia tornino in campo il
pensiero critico, i progetti, le pratiche di un movimento politico
anticapitalista di massa. Oggi questo in Italia non c’è e noi proponiamo di
ricostruire partendo dal conflitto sociale.
Non ci nascondiamo le macerie che abbiamo intorno. Sinora
tutti i tentativi di far emergere un progetto politico anticapitalista unitario
dalle lotte sociali, civili, ambientali e per la libertà delle donne sono
falliti. Questi fallimenti hanno precise responsabilità politiche, ma rimandano
anche ad una questione più di fondo.
Oggi la sola lotta di classe pienamente legittimata è
quella che viene dai ricchi verso i poveri, dai padroni verso gli operai, da
chi ha il potere verso chi non ne ha. Tutti i bisogni, i diritti e le libertà
degli oppressi sono invece contrapposti e frantumati tra loro.
Noi pensiamo che ci sia un nesso profondo fra dominio
capitalistico e patriarcale, fra sfruttamento e mercificazione e che non ci
siano bisogni di liberazione che possano essere sacrificati ad altri.
La dignità di chi lavora non può essere sacrificata al
diritto a lavorare ed entrambi non possono venir prima del diritto alla salute
e alla salvaguardia dell’ambiente. Non c’è lotta sociale e ambientale che venga
prima di quella per la libertà e l’autodeterminazione delle donne. Riifiutiamo
ogni contrapposizione fra diritti dei nativi e dei migranti.
Il capitalismo che si proclama liberale, ancora più
astutamente in questa epoca di crisi, contrappone i bisogni di liberazione
degli uni a quelli degli altri tirando la coperta stretta delle libertà dal
lato che più gli conviene. I giovani precari contro i genitori occupati,
l’ambiente contro gli operai, i diritti delle donne contro quelli del lavoro.
La risposta non è il prevalere di un interesse sugli altri, ma invece il
reciproco riconoscimento su un piano di parità e la costruzione dell’unità tra
i conflitti contro gli avversari comuni.
La più grave crisi economica dal dopoguerra si abbatte
sull’Italia, e non ci sono vie per superarla se si resta nel campo di quel
pensiero politico unico che oggi viene definito come riformismo, ma che in
realtà è solo una cultura politica del meno peggio, una tecnologia del potere
adottata da tutte le forze che si alternano al governo e che ha come primo
obiettivo quello di impedire o sterilizzare il conflitto sociale.
La democrazia italiana è commissariata, come mostra
l’istituzione del pareggio di bilancio in Costituzione votata da PD, PdL e
Monti. Le scelte di fondo, politiche ed economiche, sono definite dal pilota
automatico, cioè dai vincoli e dalle regole del fiscal compact e dei trattati
di Maastricht e Lisbona, dal supergoverno della Troika.
Tutto questo è precipitato su una democrazia già devastata
da venti anni di berlusconismo e da un contrasto subalterno ad esso, quale
quello condotto dal centrosinistra e dalla grande stampa. L’antiberlusconismo
ha spesso mutuato dal suo avversario i principi di fondo, quali il
maggioritario e la governabilità, la centralità del mercato e il liberismo, le
privatizzazioni e l’anticomunismo. A volte è sembrato che l’accusa principale a
Berlusconi sia stata quella di non essere un vero liberale di destra.
Anche per queste ragioni la domanda di cambiamento e
rottura in Italia si è rivolta in gran parte al M5S. Essa esprime un bisogno di
rottura democratica giusto, ma insufficiente. Non ci sarà vera trasformazione
democratica senza una profonda e radicale trasformazione sociale. I poteri del
capitalismo globalizzato e della casta sono intrecciati tra loro in un sistema
oligarchico di potere che governa anche il senso comune con i grandi mezzi di
comunicazione di massa. Se non si rovescia il potere di questa oligarchia, le
rotture dei privilegi della casta saranno marginali e di puro effetto
mediatico, il potere vero sopravviverà e riderà di noi.
Il cambiamento non si realizzerà se la lotta contro le
caste burocratiche non sarà parte di quelle contro lo sfruttamento del lavoro e
la devastazione della natura, contro la mercificazione delle vite e la
disuguaglianza sociale, contro il patriarcato e la violenza maschile contro le
donne.
Agli inizi del nuovo secolo il grande movimento che portò
alle giornate di Genova sembrava aver individuato la strada della costruzione
di un soggetto politico anticapitalista di massa, nel quale tutti i conflitti
potessero liberamente riconoscersi. La catastrofica esperienza della
partecipazione della sinistra radicale al governo Prodi ha distrutto questo
percorso.
Un soggetto anticapitalista di massa non può che essere
alternativo sia al social-liberismo del centrosinistra, sia al conservatorismo
del centrodestra, che in Italia ed in Europa – a volte in alternanza, a volte
proprio assieme – governano con le stesse politiche economiche e sociali. I
Privatizzazioni, flessibilità e precarietà del lavoro,
tagli progressivi alla scuola pubblica alle pensioni e allo stato sociale, sono
scelte comuni a questi due schieramenti; come dimostra il governo Monti, che ha
distrutto le pensioni e l’articolo 18 con il sostegno di entrambi e il silenzio
dei grandi sindacati.
La concertazione sindacale ha accompagnato e cogestito la
regressione sociale e dei diritti del lavoro. Per questo una alternativa radicale
alle politiche liberiste passa anche attraverso la la lotta per restituire a
lavoratrici e lavoratori un grande movimento sindacale di classe, democratico e
indipendente dai partiti.
Alternativa oggi vuol dire prima di tutto NO all’Europa del
fiscal compact e dell’austerità imposta dai trattati e dai loro vincoli.
Bisogna dire NO ora alle missioni di guerra e alla Nato.
Alternativa oggi vuol che dopo trenta anni di politiche
liberiste prima di tutto bisogna distruggere la disoccupazione di massa.
Alternativa significa il rifiuto del vincolo del debito, la
nazionalizzazione e la socializzazione delle banche e delle imprese
strategiche, l’istituzione di poteri democratici reali e diffusi nei luoghi di
lavoro, nel territorio, nelle istituzioni. Ci vuole un piano di grandi
interventi pubblici per milioni di piccole opere, cancellando tutte le TAV che
distruggono ambiente e lavoro.
Alternativa significa la costruzione, la difesa, la
riappropriazione e gestione sociale dei beni comuni, contro la mercificazione
delle vite, dell’ambiente e della salute, della conoscenza.
Alternativa, perché bisogna riprendere la marcia verso
l’eguaglianza sociale partendo dalla riduzione generalizzata degli orari di
lavoro, dall’abbassamento della età della pensione, dalla cancellazione delle
leggi sulla precarietà, e di quelle sullo schiavismo e la criminalizzazione dei
migranti.
Alternativa perché ci vuole una grande redistribuzione
della ricchezza verso il basso, con un generale ed egualitario incremento delle
retribuzioni e delle pensioni più basse, e con la istituzione di un reddito
minimo garantito.
Alternativa, perché nulla di tutto questo potrà essere
realizzato con le vecchie classi politiche di destra e di sinistra e con
l’attuale sistema di concertazione burocratica sindacale.
Alternativa, perché un movimento politico anticapitalista è
necessario per ricostruire forza e unità in tutto il mondo oppresso e disperso
dalla precarizzazione devastante che ha imperversato in questi venti anni.
Noi siamo con quella grande maggioranza che oggi paga la
crisi, dal lavoro dipendente privato e pubblico al lavoro autonomo e
parasubordinato, al precariato diffuso manuale ed intellettuale, al popolo
delle grandi periferie metropolitane, agli immigrati, alle donne espulse dal
lavoro e colpite dai tagli allo stato sociale.
Noi siamo con le popolazioni del Meridione, che pagano due
volte la crisi e che non vogliono precipitare nella desertificazione economica
e sociale, nel non lavoro, nello sfruttamento schiavistico dei migranti e nella
nuova emigrazione.
Noi lottiamo per la costruzione di una rappresentanza
politica che non abbia come prima e unica ragione la presenza nelle
istituzioni, ma che sia strumento della ricomposizione e organizzazione
conflittuale del blocco sociale degli oppressi. Nessuno si deve più vergognare
e isolare per la sua povertà, solo le relazioni solidali e il conflitto rompono
la solitudine.
Occorre rompere con ogni subalternità al centrosinistra,
con l’opportunismo elettoralistico, ma anche con quei settarismi e quella
frantumazione che hanno portato la sinistra comunista e anticapitalista
italiana ad essere la più piccola e ininfluente dEuropa. Ci sono tante
esperienze di sinistra alternativa che crescono in Europa. Esse ci dicono che
la strada che vogliamo percorrere è praticabile, purché si abbia il coraggio di
ripartire su nuove basi.
Proponiamo di costruire un movimento politico
anticapitalista e libertario di donne e uomini che vogliono lottare, sulla base
di un programma di alternativa economica, politica e culturale, con adesioni
individuali e pratiche di democrazia realmente partecipativa, con un sistema di
relazioni plurali ed aperte.Vogliamo costruire questo movimento ed il suo
programma imparando dalle lotte sociali e delle esperienze concrete in atto.
Pensiamo alla lunga resistenza del popolo della Valle Susa,
capace di mobilitazioni di massa, di azioni dirette, di conflitto e iniziativa
istituzionale. Pensiamo alle organizzazioni popolari per il consumo e per il
diritto all’abitare, alle lotte degli operai che spontaneamente hanno
scioperato contro la cancellazione dell’articolo 18 e a quelle dei migranti
contro il caporalato della logistica, alle mobilitazioni degli studenti, degli
insegnanti, dei ricercatori.Tutte queste lotte annunciano e reclamano un nuovo
spirito unitario e nuove modalità di partecipazione e organizzazione. Vogliamo
che esse siano gli elementi costituenti del movimento politico.
Siamo tuttora in differenti esperienze e in diverse
organizzazioni politiche e sociali, ma riteniamo urgente l’avvio di un percorso
comune, che vogliamo aperto, senza esclusioni basate su piccole discriminanti o
pregiudiziali.
Per noi la sola condizione indispensabile per partire è
sentire la profonda necessità di costruire ora e assieme un movimento politico
anticapitalista e libertario di massa, alternativo e indipendente rispetto agli
attuali grandi schieramenti politici.
Per questo motivo convochiamo un primo incontro aperto a
tutte e tutti coloro che vogliono confrontarsi che siano interessati a un
comune percorso per costruire l’alternativa.
Vogliamo con esso dare avvio a un viaggio comune nelle
lotte e nelle sofferenze del paese. Alla fine di esso convocheremo una
assemblea per decidere.
Primo appuntamento a Bologna l’11 maggio.
Le/i promotori
Claudio Amato, militante sindacale Roma
Fabio Amato, attivista politico
Cesare Antetomaso, avvocato
Imma Barbarossa, femminista
Fulvio Beato, attivista sindacale S. Maria Capua Vetere
Sergio Bellavita, militante sindacale
Marco Benevento, rsu Alenia Thales Roma
Lina Gladys Bianconi, femminista
Carmela Bonvino, attivista sindacale Roma
Biagio Borretti, militante politico Napoli
Massimo Bortoloni, rsu Terna Lombardia
Franco Bruno, militante sindacale Napoli
Fabrizio Burattini, militante sindacale
Maria Grazia Campari, avvocata del lavoro
Sergio Cararo. attivista politico Roma
Carlo Carelli, rsu Unilever Lodi
Chiara Carratù. precaria scuola Cuneo
Mauro Casadio. attivista politico Roma
Giuseppe Catucci, militante sindacale Bari
Susi Ciolella, licenziata Alitalia
Eliana Como, militante sindacale Bergamo
Pino Commodari, funzionario Regione Calabria
Daniela Cortese, rsu Telecom Sparkle Roma
Giorgio Cremaschi, militante sindacale
Leonardo de Angelis, delegato Sistemi Informatici roma
Walter De Cesaris, militante politico
Carmine De Sio, operaio No Amianto Salerno
Domenico De Stradis, rsu FIAT Melfi
Vittoria Di Prizito, femminista insegnante
Giacomo Divizia, militante sindacale Cuneo
Nicoletta Dosio, movimento No Tav
Valerio Evangelisti, scrittore
Riccardo Faranda, avvocato del lavoro Roma
Eleonora Forenza, ricercatrice precaria, femminista
Michele Franco. attivista politico Napoli
Delia Fratucelli, delegata Poste Torino
Maurizio Fusà, delegato aziendale ASL RmB Roma
Lorenzo Giustolisi, insegnate precario Torino
Simone Grisa, militante sindacale Bergamo
Carlo Guglielmi, avvocato del lavoro Roma
Giusi Lazzaro, precaria scuola Roma
Tiziano Loreti, militante politico Bologna
Francesco Locantore, precario scuola Roma
Pasquale Loiacono, rsu Fiat Mirafiori
Valter Lorenzi, attivista politico Pisa
Aurelio Macciò, delegato Ministero della salute genova
Loredana Marino, precaria, attivista politica
Margherita Matteo, femminista Taranto
Patrizia Modesti, delegata Croce Rossa Roma
Antonio Moscato, docente storia del movimento operaio
Macerata
Francesco Musumeci, medico Salerno
Alfio Nicotra, giornalista, pacifista
Gianluca Nigro, attivista antirazzista
Ferruccio Nobili, funzionario Provincia Roma
Massimo Paparella, militante sindacale Bari
Emidia Papi, militante sindacale
Tiziano Peracchi, rsu Mingazzini Parma
Francesco Piobbichi, attivista politico
Luigi Presutti, delegato assistenti traffico Roma
Ernesto Rascato, attivista politico Aversa
Giuliana Righi, militante sindacale, Bologna
Annamaria Rivera, femminista militante antirazzista
Daniela Rottoli, rsu San Raffaele Milano
Franco Russo, attivista politico Roma
Giovanni Russo Spena, attivista politico
Antonia Sani, docente, ass.ne per la democrazia
costituzionale
Viviana Savino, precaria scuola Roma
Nando Simeone, militante politico
Mario Sinopoli, militante sindacale Calabria
Anita Sonego, femminista consigliera comunale Milano
Fabrizio Tomaselli, militante sindacale
Laura Tonoli, militante sindacale Brescia
Franco Turigliatto, militante politico Torino
Iacopo Venier, giornalista
Carlos Venturi, militante politico Bologna
Nico Vox, militante sindacale
Pasquale Voza, Università di Bari
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