mercoledì 27 giugno 2012

Un Decreto Bomba




In queste ore il parlamento sta votando sul DDL Fornero, le dichiarazioni dei partiti che fino ad oggi hanno sostenuto l’esecutivo di Monti non lasciano dubbi, questo decreto legge passerà senza troppe polemiche.

Ci stanno preparando un bel “pacco”! Un pacco bomba per minare le fondamenta dei diritti dei lavoratori. Elsa Fornero e Mario Monti usano parole fraintendibili ed evitano il dibattito per non entrare nel merito della così detta riforma del mercato del lavoro. Loro non ne hanno il coraggio, allora, come spesso siamo costretti a fare, saremo noi ad entrare nel merito della riforma ed a rendere più comprensibili quelli che, secondo noi, sono i nodi cruciali di questo pacco bomba.

Niente panico, saremo brevi e taglienti, eviteremo lunghe analisi del testo del decreto.
A sentire Fornero e Monti, grazie a questa riforma aumenterà la flessibilità sia in entrata che in uscita, ma cosa vuol dire?

Flessibilità in entrata: Vuol dire che mentre, fino ad oggi, il datore di lavoro doveva giustificare la motivazione di un’assunzione a tempo determinato, dimostrando la temporaneità o stagionalità del lavoro per cui veniva fatta, da oggi in poi sarà possibile farlo senza indicare nessuna causale, dunque il lavoratore sarà costantemente sotto ricatto e sarà costretto a compiacere il datore di lavoro se vuole vedere rinnovato il sui contratto di sfruttamento.

Flessibilità in uscita: Su questo la Fornero è stata molto sottile, ha preso un maglio da demolizione e con consapevole perizia l’ha calata sull’articolo 18 mandandolo in mille pezzi e distruggendo un centinaio d’anni di lotte degli sfruttati contro gli sfruttatori. L’articolo 18 è l’unico salvagente che lavoratrici e lavoratori hanno a disposizione quando il datore di lavoro li licenzia perché scomodi, come succede spesso a chi sceglie il sindacato o il partito (o entrambi) che pesta i piedi al padrone come fa la Fiom, a chi rimane incinta, a chi si ammala “troppo”, a chi costa troppo per anzianità di servizio, a chi deve rinnovare il permesso di soggiorno o semplicemente ha la pelle di un colore diverso o prega un dio diverso.
A meno che il datore di lavoro non sia talmente cretino da inserire nella causale del licenziamento una delle motivazioni elencate in precedenza il lavoratore licenziato non avrà più la possibilità di essere reintegrato, ma, anche in assenza di causale, se tutto va bene riceverà un indennità e sarà quasi impossibile concedergli il reintegro. Per quanto riguarda il licenziamento per motivi economici invece fino ad oggi il datore di lavoro doveva dimostrare l’effettiva impossibilità di ricollocare il lavoratore davanti ad un giudice ed in caso di insussistenza dei motivi economici l'attuale normativa prevedeva il reintegro del lavoratore, il risarcimento del danno ed il pagamento dei contributi. Oggi invece, in caso di insussistenza della motivazione economica accertata dal giudice, non è previsto nessun reintegro ma solo il pagamento di un'indennità tra le 15 e le 27 mensilità e la condanna a cercare un lavoro impossibile da trovare per un giovanotto di diciotto anni, figuriamoci per un cinquantenne.

Insomma, in conclusione, questo decreto ha solo uno scopo: aumentare la ricattabilità delle lavoratrici e dei lavoratori. Vista la compattezza dell’attuale compagine parlamentare e visto l’asservimento dei grandi (numericamente) sindacati ai partiti che oggi sostengono Monti e la Fornero, l’unica possibilità che abbiamo di disinnescare questo decreto bomba è il lancio di una campagna referendaria per l’abrogazione del decreto come sta proponendo Rifondazione Comunista.

Noi siamo pronti a raccogliere le firme... e voi che fate?


Daniele Procida 

giovedì 7 giugno 2012

La Grande Bufala della Meritocrazia


Il Governo a cavallo della fine dell’anno scolastico, con l’evidente volontà di presentarlo durante la pausa estiva per evitare le proteste studentesche, sta predisponendo un “decreto merito” che riguarderà scuola ed università.

Come il sistema politico, o meglio la struttura del potere, degli ultimi vent’anni ci ha abituato questa “proposta” verrà estrapolata dal dibattito parlamentare e dal dibattito pubblico per essere calata dall’alto senza che il popolo italiano, è soprattutto gli studenti, possano esprimere la loro idea di riforma della scuola.

Il decreto non fa che seguire la linea degli ultimi anni, perseverando nel tentativo malriuscito di scimmiottare il sistema anglosassone, scagliando nel nostro sistema formativo strumenti come “il migliore studente dell’anno” e le “Olimpiadi del Sapere”. Prendere degli studenti, spogliarli della loro personalità, attitudini e preferenze e vestirli dei crediti che durante l’anno sono costretti a raccogliere con corsi che si presentano come bombe di nozioni, accuratamente svuotati da ogni spunto di criticità; adornare gli studenti, come manichini, con attestati di partecipazione e di “migliore studente dell’anno” per metterli in vetrina alla mercé delle aziende per trasformarli in automi carichi d’informazioni e privi di personalità di certo non aumenta la meritocrazia nella scuola!

Sulla falsa riga del modello INVALSI, nuovi strumenti di somministrazione di quiz per automi vengono inseriti di anno in anno. Il Ministero dell’Istruzione, anziché stanziare risorse per queste pagliacciate, che tutto fanno tranne far aumentare la meritocrazia del sistema scolastico, dovrebbero garantire a tutte e tutti le studentesse e gli studenti, provenienti da ogni angolo del territorio italiano, gli strumenti necessari per ricevere un’istruzione di qualità, che sia adeguata agli standard europei, ma getti le basi per un’adeguata formazione di coscienza e cultura critica e che insegni con l’aiuto della famiglia a vivere in una società multiculturale, dove differenze economiche, di colore e di provenienza non rappresentino un pregiudizio all’autodeterminazione dei e delle giovani che saranno le colonne portanti della società del futuro.

Secondo le ultime riforme, non sono solo gli studenti a dover diventare automi, anche gli insegnanti, con classi in soprannumero, personale ausiliario carente, stipendio da fame, strutture cadenti, attrezzature a dir poco obsolete, dovrebbero trasformarsi in macchine per la somministrazione di nozioni e test, non fornire strumenti che sviluppino le capacità di pensiero degli alunni. Ma di questo nel decreto merito non si parla. Bisognerebbe fornire nuove attrezzature, ristrutturare i plessi scolastici, ridurre il numero degli alunni per classe, valorizzare il percorso formativo e le capacità specifiche acquisite durante gli anni di lavoro in un territorio, smantellare il sistema di precarizzazione degl’insegnanti e fornire una formazione permanente dei docenti, dalle materne all’università, che garantisca standard d'insegnamento adeguati ed al passo con i tempi per gli attori principali del futuro della nostra società.

Per concludere ci preme ricordare al Governo Monti che il decreto legge è uno strumento normativo ideato per garantire rapidità d’azione del Governo stesso in caso di straordinaria necessità ed urgenza, e non lo strumento naturale per legiferare come ci hanno abituato i precedenti esecutivi, dunque questo decreto, come da articolo 77 della Costituzione della Repubblica Italiana, essendo privo della condizione di “necessità ed urgenza”, se non per evitare le proteste di studenti e docenti, è anticostituzionale.

Mentre attendiamo la possibilità di essere rappresentati in parlamento ci chiediamo:
- Cosa fa il parlamento mentre il Governo Monti priva i presunti rappresentanti del popolo italiano del potere legislativo?
- Cosa fanno le opposizioni parlamentari mentre il Governo smantella il sistema formativo italiano che nonostante tutti i problemi rimane uno dei più avanzati al mondo?


Daniele Procida

sabato 2 giugno 2012

I.M.U. una patrimoniale al contrario


L’articolo 13 del d.l. 201/2011 (il cosiddetto decreto salva Italia), convertito nella legge 214/2011, come modificato dal d.l. 16/2012 convertito nella legge 44/2012, ha introdotto l’Imposta Municipale Unica (in acronimo: I.M.U.), che sostituisce la vecchia ICI. L’importo dell’imposta si calcola sul valore rivalutato (fino al 60%) degli immobili, anche se adibiti a prima casa di abitazione. L’imposta va deliberata dai Comuni, ma il suo gettito, nella misura del 50% di quanto entra dall’imposta base, va nelle casse dello Stato. In definitiva i Comuni sono chiamati a svolgere le funzioni di esattore, per conto dello Stato.

Abolire l’IMU
È necessario premettere, per sgombrare il campo dai dubbi, che il Partito della Rifondazione Comunista esprime la massima contrarietà e disapprovazione verso l’IMU.
L’ IMU è una patrimoniale al contrario : colpisce chi lavora, i pensionati e i ceti più deboli. Questo balzello genererà un ulteriore disastro sociale.
Per quanto concerne il livello della politica nazionale, proponiamo di abolire l’IMU e di sostituirla con una tassa patrimoniale sulle grandi ricchezze. Tassando i patrimoni a partire dagli 800.000 euro è possibile ottenere un gettito di oltre 20 miliardi, ben al di sopra di quello derivante dall’IMU. In questo modo oltre che una misura di giustizia sociale al posto di una iniqua, vi sarebbero le risorse per fare un reddito sociale per i disoccupati e una riduzione delle tasse per lavoratori e pensionati.

Cosa può fare il Comune
La legge vigente consente alle Amministrazioni Comunali di modulare le aliquote applicate.
A tal proposito, la proposta di Rifondazione Comunista a legislazione vigente è quella di articolare l’IMU come segue:

-riduzione dell’IMU nella percentuale stabilita dalla legge per i possessori di prime case (2 per mille);

-riduzione dell’IMU per i possessori di seconde case concesse in fitto per uso abitativo (5,6 per mille);

-maggiorazione per i possessori di case sfitte (10,6 per mille);

-riduzione su fabbricati rurali ad uso strumentale (1 per mille);

-riduzione al minimo consentito su terreni agricoli.

In questo modo, il Comune può recuperare una funzione di redistribuzione del reddito dall’alto verso il basso, predisponendo un sistema di tassazione e di tariffazione che preveda, tendenzialmente, la riduzione della pressione sui redditi più bassi e l’incremento sui redditi più alti.

Cristian Iannone