La parola termovalorizzatore,
a fasi alterne, entra ed esce dalle conversazioni di tutti i giorni, sbuca
dalle pagine dei giornali locali e nazionali e viene sussurrata dalle
televisioni locali. Ma da anni il tema non viene affrontato nel giusto modo.
La controversa storia di questo impianto, che secondo il Piano Regionale per i Rifiuti dovrà sorgere in provincia di Salerno,
più precisamente in Località
Piana di Sardone, Comune
di Salerno, inizia nel 2007, quando una terrificante emergenza rifiuti travolse Napoli e buona parte della
Campania. La storia di cinque anni fa ci racconta di una Salerno isola felice
in un inferno di topi, mosche e malattie respiratorie. Ma chi ha un po’ di
memoria ricorda anche qui enormi cumuli
di “monnezza” che lentamente
s’innalzavano anche oltre il metro di altezza. Tutto ciò non avveniva nella
Salerno della movida, e le cataste putrescenti di sacchetti non inondavano le
strade principali, totalmente sgombre, ma bastava allungare lo sguardo un po’
più in là, nelle traverse e
nelle stradine della periferia, per rendersi conto dell’emergenza
selettiva che vivevamo nella
nostra Salerno.
Mentre la Giunta Regionale, allora capeggiata da Bassolino, puntava alla
realizzazione del mega-inceneritore di Acerra, la Giunta Comunale di Salerno non perse tempo e si lanciò nella
realizzazione di un progetto concorrente a quello regionale, proponendo la
costruzione di un mega-impianto
di termovalorizzazione che
servisse allo smaltimento dei rifiuti delle provincie di Salerno, Avellino e
Benevento. Nel 2008, come commissario per la realizzazione dell’impianto di
termovalorizzazione di Salerno, fu nominato il sindaco Vincenzo De Luca, principale
sostenitore del progetto stesso, che individuò,
già a quei tempi, la località
di Sardone come locazione per
l’impianto. Il 18 febbraio del 2008, Vincenzo De Luca, facendo carta straccia
delle regole, nomina Alberto
Di Lorenzo project manager per
la realizzazione del termovalorizzatore. Ma, secondo la Procura di Salerno, le norme vigenti non prevedono la
figura del project manager
per quel tipo di procedura. Di conseguenza, De Luca non poteva nominare nessuno
per quell’incarico, e tanto meno fare in modo che venisse retribuito.
Nonostante tutto, Di Lorenzo
ricevette un compenso di 15.000 euro. Per questo motivo il sindaco Vincenzo De Luca è indagato per
peculato.
Con il passaggio della
competenze dal comune alla
provincia di Salerno, dovute alla legge sulla provincializzazione del ciclo dei
rifiuti, e dunque da De Luca
ad Edmundo Cirielli, la situazione cambiò: Cirielli divenne un accanito
sostenitore del progetto del termovalorizzatore di Salerno e De Luca,
ricordatosi strumentalmente dell’incompatibilità fra differenziata spinta e
inceneritore, comincia ad osteggiare il progetto.
Ora però cerchiamo di fare più
chiarezza non solo sulla
vicenda in sé, da un punto di vista amministrativo, ma anche da un punto di vista tecnico,
ambientale e della salute dei cittadini. Si parla di termovalorizzatore, ma di
cosa si tratta? Un termovalorizzatore non è altro che un impianto per l’incenerimento dei
rifiuti, integrato con un sistema per sfruttare il calore della combustione
per produrre o, ancor meglio per risparmiare, una piccola quantità di energia
che verrà utilizzata per il funzionamento dell’impianto stesso, senza però
renderlo autosufficiente.
Si
parla di impianti di nuova generazione, cosa vuol dire? Fino alla metà degli anni ’90,
gli inceneritori o termovalorizzatori, lavoravano ad una temperatura inferiore a 850 °C,
questo permetteva una massiccia produzione
di diossine, sostanze altamente cancerogene, considerate fra i più
pericolosi veleni esistenti al mondo. In tempi più recenti, l’innalzamento
delle temperature oltre gli
850 °C e l’uso di filtri
speciali, che una volta esauriti diventano pericolosi rifiuti speciali, hanno
ridotto il rischio diossine, ma allo stesso tempo hanno aumentato l’emissione
delle così dette nano-polveri,
dette anche PM2,5: polveri
talmente piccole da riuscire ad interagire
a livello cellulare all’interno
dei bronchi e di tutto il sistema respiratorio causando gravissimi problemi ed ancora una volta tumori. Le
nano-polveri, non sono in nessun
modo filtrabili e
difficilissime da rilevare con le normali apparecchiature in uso ai tecnici.
L’area interessata dalle polveri e dagli inquinanti
fuoriusciti dal camino dell’impianto si
estende dai Picentini alla Valle dell’Irno, comprendendo numerosi comuni
come San Mango, San Cipriano Picentino, Giffoni Sei Casali a evidente vocazione
agricola dove nascono numerosi prodotti con certificazione D.O.P., fino a
lambire il comune di Baronissi. Ovviamente per non parlare della zona in cui
sorgerà l’impianto.
Come se tutto questo non bastasse le ceneri
prodotte dalla combustione
necessitano di siti di stoccaggio
per rifiuti speciali, e dunque il sogno dell’autosufficienza campana nel
ciclo dello smaltimento dei rifiuti rimane un sogno ad occhi aperti.
Dopo quasi cinque anni il percorso non è ancora concluso: prima la sociopatia di De Luca, incapace
di trattare se non con la propria giunta di assessori e sordo alle proposte di
chi non annuisce ad ogni sua parola, poi le frizioni
interne fra iscritti al PDL della
Provincia e della Regione che hanno portato alle dimissioni dell’assessore
all’ambiente Fasolino. In entrambi i casi le istituzioni non tengono conto
dell’ottimo livello di differenziata che raggiungono i Comuni della Provincia
di Salerno.
Malafede? Scarsa attenzione al progresso? Interessi extra-istituzionali? Non
possiamo ancora dirlo; in ogni caso nei prossimi numeri parleremo delle alternative possibili al termovalorizzatore cercando di
analizzare nel miglior modo possibile i pro ed i contro dei vari impianti.
Daniele
Procida